Processo civile

Avvocato civilista Bari

Il processo civile è lo strumento attraverso il quale vengono risolte le controversie di diritto privato, ossia di quella branca del diritto che si occupa dei rapporti tra le persone (tanto persone fisiche, quanto persone giuridiche, quali, ad esempio, le società di capitali), in relazione alla loro sfera squisitamente personale (i diritti della persona) o familiare o economico-patrimoniale. La fonte principale, dal punto di vista per così dire quantitativo, su cui si base il processo civile è il codice di procedura civile, anche se vi sono fonti normative diverse.

  1. I soggetti del processo.
    • Gli organi giudiziari.Il giudice ha la responsabilità della direzione del processo e della relativa decisione. La competenza di ciascun giudice (inteso non come persona fisica, ma come organo giudiziario, ossia Giudice di pace, Tribunale, Corte di appello) è delimitata sia per materia, che per valore, che per territorio. Nei casi espressamente previsti dalla legge, il giudice ha l’obbligo di astenersi dalla causa assegnatagli e, negli stessi casi, ciascuna delle parti può chiederne la ricusazione.
      Nello svolgimento della sua attività, il giudice è coadiuvato dal cancelliere, dall’ufficiale giudiziario, dal consulente tecnico, dal custode e da altri ausiliari.
      Il cancelliere documenta le attività proprie, del giudice e delle parti, assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato il processo verbale, pubblica i provvedimenti del giudice, rilascia le copie autentiche dei documenti prodotti e le copie autentiche o esecutive dei provvedimenti del giudice, cura l’iscrizione a ruolo delle cause, la formazione del fascicolo di ufficio di ciascuna causa, provvede alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice.
      L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza (in realtà, ciò non avviene mai), provvede alla comunicazione ed all’esecuzione dei provvedimenti del giudice, alla notificazione degli atti delle parti.
      Il consulente tecnico, normalmente, è un professionista (ad. es., medico, commercialista, ingegnere, architetto, agronomo, perito industriale, ecc.) al quale il giudice demanda il compimento di specifiche attività richiedenti particolare competenza tecnica. Egli viene denominato consulente tecnico di ufficio (c.t.u.). La sua scelta deve normalmente avvenire tra quella dei tecnici iscritti in albi speciali, uno presso ciascun Tribunale, divisi in categorie. Il consulente tecnico scelto dal giudice tra gli iscritti ad un albo ha l’obbligo di accettare l’incarico conferitogli, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione. Il consulente tecnico può essere ricusato dalle parti negli stessi casi in cui queste possono ricusare il giudice.
      Il custode ha l’affidamento della conservazione e dell’amministrazione dei beni pignorati.
      Gli altri ausiliari del giudice sono esperti in determinate arti o professioni a cui il giudice demanda il compimento di specifiche attività che non è in grado di compiere da solo.
    • Il pubblico ministero
      Il pubblico ministero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla legge, deve intervenire in tutte le cause previste dalla legge e può intervenire in tutte le cause in cui ravvisi un pubblico interesse. Deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione.
    • Le parti ed i difensori
      Le parti sono le persone, fisiche o giuridiche, nell’interesse delle quali il processo viene celebrato. Per promuovere il giudizio o resistere allo stesso esse devono avere il libero esercizio dei diritti che nel processo si fanno valere. Le parti assumono una diversa denominazione a seconda del tipo di processo. Così, ad es., nel processo ordinario di cognizione vengono denominate “attore” colui che inizia la causa e “convenuto” colui contro il quale la causa è promossa. Nel processo del lavoro, invece, l’attore diventa “ricorrente” ed il convenuto “resistente”. In determinati casi (si pensi, ad es., alle cause davanti al Giudice di pace di valore inferiore a 1.100,00), le parti possono partecipare al giudizio personalmente, senza cioè essere difese da un avvocato.
      Il difensore è un avvocato, il quale deve necessariamente essere munito della procura rilasciatagli dalla parte che assiste. La procura può sempre essere revocata ed il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetti nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Questi può compiere e ricevere tutti gli atti del processo che dalla legge non siano espressamente riservati alla parte. La parte può farsi assistere da uno o più avvocati e, per lo svolgimento di attività che comportino specifiche cognizioni tecniche, anche da un consulente tecnico (consulente tecnico di parte). Dinanzi alla Corte di cassazione la parte può essere difesa soltanto da un avvocato iscritto nell’apposito albo (detto dei “cassazionisti”).
  2. I gradi del processo.
    • Normalmente, il processo si articola in due gradi. Per le cause di competenza in primo grado del Giudice di pace il secondo grado (appello) si celebra dinanzi al Tribunale in composizione monocratica (un solo giudice), mentre per le cause in primo grado di competenza del Tribunale (monocratico o collegiale) il secondo grado si celebra dinanzi alla Corte di appello (sempre collegiale). Vi sono dei casi, però, nei quali avverso la sentenza di primo grado non è ammesso appello. In alcune specifiche materie anche la Corte di appello pronuncia in primo (e unico) grado. Il processo quando è celebrato dinanzi al Giudice di pace, al Tribunale ed alla Corte di appello è definito di “merito”, in quanto l’autorità giudiziaria adita decide, appunto nel “merito”, chi ha torto o ragione. Dinanzi alla Corte di cassazione, invece, si parla di procedimento di “legittimità”, in quanto possono essere impugnate per cassazione soltanto le sentenze, di appello o di unico grado, viziate da violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi, da nullità o da omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (in un certo senso, si tratta di violazioni formali). La Cassazione, pertanto, si limita a verificare la sussistenza o meno di tali violazioni e, quando accoglie il ricorso (se lo rigetta, il processo è finito), cassa la sentenza, rimettendo la causa al giudice di merito competente, il quale nella sua decisione deve uniformarsi a quanto stabilito dalla Cassazione. Sempre nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, però, la Cassazione può anche deciderlo nel merito, se non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
  3. I diversi procedimenti.
    Il processo può articolarsi in maniera diversa (c.d. riti) a seconda dell’oggetto dello stesso.
    • Procedimento ordinario.
      La causa inizia con la notificazione, dall’attore al convenuto, dell’atto di citazione, nel quale il primo spiega le ragioni a sostegno dell’azione promossa ed articola i mezzi di prova. Altrettanto poi, farà anche il convenuto con la comparsa di costituzione e risposta. Una volta iscritta a ruolo la causa e formato il fascicolo di ufficio, si celebra l’udienza di prima comparizione (non prima di novanta giorni dalla notificazione dell’atto di citazione), alla quale il giudice verifica che, dal punto di vista per così dire formale, non vi siano impedimenti al corretto svolgimento del processo e quindi, se richiesto da almeno una delle parti (il che avviene quasi sempre), rinvia la causa ad una successiva udienza, concedendo a queste la possibilità di depositare delle memorie difensive per eventualmente meglio precisare le rispettive domande ed eccezioni e per chiedere l’ammissione dei rispettivi mezzi di prova (interrogatorio delle parti, prova testimoniale, consulenza tecnica di ufficio, ordine di esibizione di documenti, ispezione, ecc.). All’udienza così fissata, il giudice stabilisce se per la decisione della causa è necessario l’ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti, nel quale caso fissa le udienze necessarie per lo svolgimento di tale attività istruttoria, ovvero se la causa è già pronta per essere decisa. In quest’ultima ipotesi, come pure al termine delle udienze fissate per lo svolgimento dell’attività istruttoria, egli fissa un’ultima udienza, denominata di precisazione delle conclusioni, alla quale le parti devono appunto precisare le richieste che sottopongono al giudice per la decisione della causa. Esauritasi questa udienza, il giudice concede alle parti la possibilità di depositare le ultime memorie difensive (comparsa conclusionale e repliche) entro il termine massimo (complessivo) di ottanta giorni, dopo di che, scaduto tale termine, emette la sentenza che conclude il processo in primo grado.
      Il procedimento ordinario così succintamente descritto è quello che si celebra in Tribunale ed in Corte di appello. Dinanzi al Giudice di pace, invece, è più semplificato.
      Nelle controversie in materia di lavoro subordinato e di previdenza, nonché in tutte le altre nelle quali si applica lo stesso rito (ad es., di agenzia e di rappresentanza commerciale, di locazione e comodato di immobili urbani, di affitto di aziende), invece, il procedimento è diverso, essendo ispirato a principi di maggiore concentrazione dell’attività. Esso, così, inizia con ricorso e non citazione, nel primo rispettivo scritto difensivo (il ricorso per il ricorrente, la memoria di costituzione per il resistente) le parti devono indicare i mezzi di prova di cui intendono avvalersi, alla cui ammissione il giudice provvede già alla prima udienza. Non esiste l’udienza di precisazione delle conclusioni e il dispositivo della sentenza (ossia la parte finale di questa, con la quale il giudice stabilisce chi ha ragione ed in che misura) viene letto in occasione dell’ultima udienza (in pratica, si sa subito chi ha vinto e chi ha perso la causa), salvo poi il successivo deposito della motivazione.
    • I procedimenti speciali.
      Esistono diversi procedimenti speciali, tra cui quelli di: decreto ingiuntivo, convalida di sfratto, cautelari in genere, sequestro, denuncia di nuova opera o di danno temuto, istruzione preventiva, urgenza, sommario di cognizione, possessori (tutti questi sono denominati procedimenti sommari), separazione personale dei coniugi, interdizione e inabilitazione e amministrazione di sostegno, assenza e dichiarazione di morte presunta, apertura delle successioni, scioglimento delle comunioni, arbitrato.
      Proprio perché speciali, tali procedimenti hanno una disciplina diversa rispetto a quella del procedimento ordinario.
    • I procedimenti di esecuzione.
      L’esecuzione è lo strumento attraverso il quale il creditore di una prestazione, già riconosciuta in sede giudiziale o stragiudiziale, ottiene l’adempimento di tale prestazione (esempio classico è il pagamento della somma di denaro che gli è già stata attribuita con un precedente provvedimento del giudice).Il presupposto dell’esecuzione, quindi, è che ci sia un “titolo” che giustifichi l’azione da intraprendere, denominato appunto “titolo esecutivo”. In ogni caso, l’esecuzione deve essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto, ossia dell’atto con il quale il creditore intima al debitore di adempiere all’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro il termine non inferiore a dieci giorni, preavvertendolo che, in mancanza, procederà all’esecuzione forzata. Questa può avere ad oggetto la consegna di beni mobili o il rilascio di beni immobili, la violazione di un obbligo di fare o di non fare, il pagamento di una somma di denaro (espropriazione forzata). In quest’ultimo caso, il creditore può scegliere se sottoporre ad esecuzione i beni mobili (pignoramento mobiliare) o immobili (pignoramento immobiliare) di proprietà del debitore ovvero i crediti da questi vantati nei confronti di altri soggetti (pignoramento presso terzi). Questi ultimi, dal momento della notificazione del pignoramento, non possono più eseguire, entro il limite dell’importo dell’atto di precetto aumentato della metà, la prestazione da loro dovuta nei confronti del debitore, dovendo attendere il provvedimento del giudice in ordine all’assegnazione o meno delle somme e/o delle cose pignorate in favore del creditore. Una volta eseguito il pignoramento, di qualsivoglia tipo, il debitore deve astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito azionato nei suoi confronti le cose o le somme assoggettate al pignoramento medesimo. Il creditore può avvalersi cumulativamente di tali diversi mezzi di espropriazione forzata, ma, su opposizione del debitore, il giudice può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza di scelta, a quello che il giudice stesso determina.
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