Unioni civili e convivenza
Unioni civili
Con l’unione civile si estendono alle coppie omosessuali quasi tutti i diritti (ad es. non l’adozione) e i doveri derivanti dal matrimonio. In particolare, due persone maggiorenni dello stesso sesso (gay/lesbiche) acquistano i medesimi diritti e assumono i medesimi doveri, tra cui l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione, quello alla contribuzione ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, nonché quello a concordare tra loro l’indirizzo della vita familiare, fermo restando in capo a ciascuna il potere di attuare l’indirizzo concordato. La coppia può adottare uno dei due cognomi dei suoi componenti come cognome familiare per il tempo della durata dell’unione civile. La parte interessata sceglie se anteporre o posporre il cognome comune al proprio cognome di nascita. L’aggiunta del cognome comune non determina una modifica anagrafica del cognome. La coppia può scegliere il regime patrimoniale tra comunione o separazione dei beni, il regime legale è la comunione dei beni. Lo stato civile delle persone che costituiscono un’unione civile non è più libero, al pari cioè di quelle coniugate. Per le persone legate da unione civile sono previsti il permesso di soggiorno e il ricongiungimento familiare.
Convivenza di fatto
Per “conviventi di fatto” si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario. In caso di malattia o di ricovero, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali previste per i coniugi e i familiari.
Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie. In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno qualora l’altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata. I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.
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